Ansia da prestazione nei legami contemporanei: Prestazione VS Intimità.

Ansia da prestazione nei legami contemporanei: Prestazione VS Intimità.

Nella nostra cultura dilaga e impera il mito della performance eccellente. E le relazioni sentimentali e sessuali sono abitate da nuove ansie e angosce. Ma anche da nuovi ruoli impliciti e da altri bisogni che poco hanno a che fare con l’intimità, la condivisione, l’apertura all’altro.

Nel panorama di un’ambizione famelica inesauribile, infatti, non c’è posto per l’altro, se non come competitor. Non c’è posto per le emozioni che potrebbero rallentare o minare la possibilità di raggiungere il traguardo impossibile. Impossibile perchè ogni traguardo raggiunto non soddisfa le aspettative di gratificazione, non è abbastanza per sentirsi appagati.

Ansia da prestazione nei legami contemporanei: Prestazione VS Intimità.

Ciascun obiettivo è idealizzato: su di esso confluiscono tutti i desideri insoddisfatti. Con la credenza irrealistica, quasi delirante, che il raggiungimento di quell’obiettivo cancellerà la frustrazione di un senso di vuoto personale totalizzante.

Questo bisogno inconscio di risoluzione della propria angoscia esistenziale, attraverso il raggiungimento di livelli di prestazione sempre maggiori in campo professionale, economico ovvero sessuale, rende la soddisfazione impossibile. Alimentando l’ansia da performance ma senza per questo uscire dalla logica della prestazione. Che si nutre proprio del fallimento dell’obiettivo inconsapevole presupposto.  

Ma proprio perchè l’insoddisfazione è la molla principale del mercato, la società contemporanea non può non premiare la sfida al superamento costante dei propri limiti. Alimentando l’illusione che la gratificazione è sinonimo di performance eccellente. E dunque che l’insoddisfazione personale è legata ad una prestazione scadente.

Ansia da prestazione nei legami contemporanei: Prestazione VS Intimità.

Si crea un circolo vizioso per cui l’ambizione non è più legata al raggiungimento di un obiettivo specifico. Ma è l’ambizione per l’ambizione, in cui ciò che conta è raggiungere livelli di prestazione sempre maggiori.  

Il mercato intanto produce e vende pozioni magiche e gadget di ogni tipo che permettono di superare costantemente i propri limiti e migliorare la performance in ogni campo.

In campo relazionale il mito della performance modifica il rapporto interpersonale, introducendo la dimensione competitiva e di sfida anche nella coppia. Una gara a superare l’altro, ad essere migliore, a primeggiare o a farsi ammirare. L’altro è vissuto come avversario da battere o pubblico da conquistare e convincere.

Far godere l’altro, fargli raggiungere livelli elevati di soddisfazione sessuale, per godere a propria volta della propria prestazione, soppianta la natura dello scambio e del gioco sessuale, rendendo il partner un oggetto di gratificazione narcisistica.

Questa oggettificazione dell’altro, preso a prestito per valutarsi e essere valutato nella propria performance, rende il rapporto sessuale un terreno su cui misurarsi. Riduce l’incontro sessuale ad un surrogato masturbatorio, in cui l’altro è spettatore e giuria o al massimo fruitore disinteressato. 

Roberta Calvi Psicologa e Sessuologa

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