Dipendenza Affettiva Amore senza Libertà

Dipendenza Affettiva Amore senza Libertà | Dott.sa Roberta Calvi Psicologo Sessuologo in Rimini

Nella dipendenza affettiva la ricerca di rassicurazione rispetto alla propria angoscia abbandonica rappresenta un tentativo fallimentare di risarcimento di mancanze o sofferenze storiche.

Questa rassicurazione è sempre insoddisfatta. E la mancanza di certezza influenza il bisogno affettivo. Che si esterna con un controllo di sé e/o dell’altro in una modalità diretta o indiretta.

La modalità diretta implica la limitazione della libertà dell’altro con atteggiamenti coercitivi, dominanti, abbandonici, ricattatori o francamente violenti.

La modalità indiretta invece appare più subdola, ma soprattutto più frequente. Il controllo dell’altro si ottiene mediante modalità isterico/seduttive. O mediante modalità vittimistiche volte ad angosciare l’altro e farlo sentire in colpa. 

La paura del rifiuto e dell’abbandono sono i vissuti dominanti. Sebbene inconsapevolmente si ricerchi proprio ciò che è temuto.

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Come è possibile tutto ciò?

Si tratta della cosiddetta “profezia che si autoavvera”. Per cui si tende inconsapevolmente a far sì che ciò che spaventa diventi reale.

Il soggetto dipendente non pensa possa andare diversamente da così: sicuramente l’altro lo abbandonerà! La sua convinzione è così radicata, tanto da apparire resistente a qualunque esame di realtà, che il soggetto cercherà indizi della sua teoria o creerà i presupposti affinché ciò avvenga. Il tutto per confermare il copione storico, al quale ahimé si è purtroppo affezionati. 

Il sistema relazionale nella dipendenza appare quindi quantitativo e non qualitativo: l’importanza è che l’altro ci sia a qualunque costo. Non ci sono condizioni né regole. Si può soffrire, ci si può angosciare o distruggere purché si resti insieme.

Possiamo dire che l’altro ha una funzione riempitiva delle proprie mancanze che afferiscono ad altre epoche ed altre situazioni. 

Pieno e vuoto hanno a che fare con presenza ed assenza dell’altro. E coincidono rispettivamente con emozioni percepite come positive/negative. 

Sto bene/esisto se l’altro c’è. 

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L’altro assume le sembianze di oggetto, inteso come risposta “sintomatica” a bisogni e/o traumi emotivi profondi. 

L’altro può essere alternativamente o specificamente un oggetto compensativo, angosciante. Da controllare, da manipolare, da accudire, da salvare, da distruggere, da dominare, ecc.

In ogni caso nella dipendenza affettiva i comportamenti di attaccamento non raggiungono il loro scopo. Ovvero la riduzione della paura. E permane la  percezione costante di abbandono/rifiuto.

Un attaccamento patologico genera infatti insicurezza.

L’insicurezza è intrinsecamente connessa al vuoto, alla mancanza, all’ignoto, al non controllo e al rischio. Che il dipendente cerca perennemente di evitare, di risentire una sofferenza storica irrisolta.

Roberta Calvi Psicologa e Sessuologa

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