Dipendenze e autorità: il sintomo diventa legge

Dipendenze e autorità: il sintomo diventa legge | Dott.sa Roberta Calvi Psicologo Sessuologo in Rimini

La dipendenza è legge a cui non ci si può sottrarre. E a cui bisogna obbedire sempre, subito, adesso, qui.

Ma dove nasce il bisogno di crearsi un sintomo che funziona come una legge interna inderogabile e inviolabile?

Perché si elevano al rango di autorità suprema la droga, il cibo, l’alcol, il sesso, il gioco d’azzardo, lo shopping, internet, ecc.?

Potremmo parlare di “un difetto primario” nel circuito autorità-legge-trasgressione-punizione.

L’autorità e la legge si incontrano per la prima volta al momento della nascita: c’è qualcuno che mi precede. E che mi introduce nella società, parentale prima e comunitaria poi, trasmettendomi regole, leggi, tradizioni, abitudini, valori.

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La prima autorità è dunque il genitore che detta legge. Decidendo per il neonato quando è ora di mangiare, di dormire, di fare il bagnetto, ecc.  

Crescendo, l’autorità genitoriale detterà legge su ciò che è bene e ciò che è male. E stabilirà in modo implicito o esplicito conseguenze e sanzioni della violazione delle norme.

Affinché la legge sia adeguata è necessario che entrambi i genitori, se presenti, la stabiliscano e la condividano.

Laddove i genitori non dettano norme o dettano norme (implicite ed esplicite) contrastanti, ambigue o umorali, il bambino si troverà confuso e smarrito su ciò che è giusto o non è giusto fare. Un contesto fatto di leggi e valori assenti o contraddittori dove in fondo va bene tutto o non è chiaro cosa va bene e cosa no. E soprattutto la trasgressione è incerta o impunita. In questa circostanza non c’è realmente un’autorità. Ed è il bambino a decidere a quali leggi sottostare a seconda di ciò che gli fa comodo. Si costruisce così una legge a misura dei suoi capricci prima e dei suoi bisogni urgenti poi. Ma questa legge è priva di un principio di realtà ovvero di responsabilità. Da qui la necessità di una legge sintomatica che faccia da padrona. Decidendo in modo perentorio e non discutibile cosa è “giusto” fare e cosa no, pervertendo la logica primaria di ciò che è bene: la salvaguardia della propria vita.

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E’ importante anche sottolineare che un’autorità è tale non solo se stabilisce la legge, ma anche se è in grado di sanzionare adeguatamente chi la viola.  Un’autorità parentale adeguata implica che i genitori siano in grado di introdurre delle conseguenze per il figlio che non rispetta le regole in un giusto equilibrio tra fermezza e flessibilità. Senza sfociare nella rigidità e durezza (fino alla violenza) né tantomeno nell’eccesso di buonismo e nel permessivismo ad oltranza.   

Se la legge non ammette flessibilità e spiegazioni e conosce solo la logica delle punizioni violente oppure se la legge è debole, per cui la punizione è minacciata ma mai attuata, in entrambi casi il soggetto vivrà una situazione di malessere.

Nel primo caso sarà spinto dal bisogno di  trasgredire la legge violenta e avere maggior controllo sulla propria vita. Ma per l’inconscia coazione a ripetere ciò che è familiare finirà per sottomettersi ad un’altra legge, la legge sintomatica della dipendenza, pur  nell’illusione di poterla controllare.

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Allo stesso modo anche l’assenza di sanzioni per le trasgressioni e quindi l’assenza di un’autorità forte porteranno alla necessità di una legge perentoria come quella del sintomo.

Strade diverse che confluiscono nello stesso punto: la dipendenza.

Oggi i genitori cercano spesso di essere accomodanti e eccessivamente disponibili. Da un lato l’educazione alla democrazia e al relativismo sono fondamentali (oggi più di ieri) affinché il bambino possa sentirsi libero di essere sè stesso e di sviluppare le sue inclinazioni e scelte, senza sentirsi vincolato ad aspettative specifiche. Da altro lato è importante che questa apertura alla differenza non si traduca in un’assenza di indicazioni e regole. Il bambino infatti deve interiorizzare il senso della legge per poter avere un principio di realtà nella vita. Il genitore ha il compito di dare le sue regole accettando di non avere la verità assoluta e mettendo in conto che poi il bambino crescendo dovrà mettere in discussione la legge parentale per potersi autogovernare ed autodeterminare. In questo processo però il soggetto sostituisce la legge vecchia con una nuova, ma senza sovvertire il bisogno di una legge interna.

Nessuno può vivere senza legge, pertanto l’essere umano inconsciamente costruirà una legge patologica in assenza di una legge sana.

Roberta Calvi Psicologa e Sessuologa

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