E se non fossi etero? La psiche alle prese con eterosessismo e omofobia interiorizzata

E se non fossi etero? La psiche alle prese con eterosessismo e omofobia interiorizzata

In occasione della Giornata Internazionale contro l’omofobia

17 maggio 2021

Molti adolescenti, ma anche giovani e meno giovani, si ritrovano a fare i conti con una domanda sul proprio orientamento sessuale.

La domanda può nascere da una curiosità, da pensieri e impulsi omoerotici, dal desiderio di scoprirsi. Ma più spesso dal timore di non aderire ai precetti della società eterosessista ed eteronormativa.

Per eteronormatività si intende il presupposto insito nella società che l’unico orientamento sessuale normale e naturale sia l’eterosessualità.

Da qui si sviluppa l’eterosessismo: un sistema ideologico che rifiuta, denigra e stigmatizza ogni forma di comportamento, identità, relazione o comunità di tipo non eterosessuale.

L’eterosessismo si manifesta sia a livello individuale che a livello culturale, pervadendo i costumi e le istituzioni sociali. Ed è la base dell’omonegatività ovvero la percezione negativa e il pregiudizio nei confronti dell’omosessualità.

Ecco allora che, qualora sorga nella mente la domanda “e se non fossi etero?”, l’individuo sarà immediatamente invaso da una serie di pensieri ed emozioni, per lo più negativi.

Perché? Perché il pregiudizio che permea la società è introiettato precocemente e rafforzato dalla cultura, dall’educazione e dalla socializzazione che tende a misconoscere o denigrare l’omosessualità e la bisessualità.

I pensieri che si affollano nella mente della persona alle prese con la costruzione o la ristrutturazione della sua identità sessuale, di cui ricordiamo l’orientamento sessuale è solo una parte, hanno a che fare con l’anticipazione del giudizio negativo dell’altro. Nonché con una visione dolorosa e/o mancante di una vita non eterosessuale.

I pensieri possono diventare ossessivi ed intrusivi, polarizzando la cognizione del soggetto e impattando negativamente sull’immagine di sé e sull’umore.

L’immagine di sé è centrale nella vita, non solo dell’adolescente ma anche dell’adulto. Come mi vedono gli altri? Il bisogno di andare bene e ottenere consenso sociale è nella nostra “società dei like” al primo posto.

La percezione di sé come non rispondente ai canoni della società suscita vergogna e il bisogno di nascondersi.

Roberta Calvi Psicologo Sessuologo Rimini | Studio di Psicologia Sessuologia
Dott.ssa Roberta Calvi, Psicologo e Sessuologo

E se non fossi etero? La psiche alle prese con eterosessismo e omofobia interiorizzata

E’ evidente che il dubbio (o la consapevolezza) della propria omosessualità o bisessualità genera un’intensa vergogna che può attivare vere e proprie paranoie.

La tendenza a nascondersi, di chi si scopre non eterosessuale, è il risultato della vergogna e della necessità di sottrarsi agli sguardi percepiti critici, svalutanti, deridenti, oppositivi.

Vergogna, paura del giudizio, ansia, senso di inadeguatezza, senso di colpa sono i vissuti prevalenti.

L’ipervigilanza e la censura sono effetti collaterali del sentirsi sbagliati e inferiori e del cercare di mostrare il meno possibile agli altri la propria verità.

In realtà, nascondersi non fa altro che alimentare ansia, insicurezza, solitudine, senso di smarrimento e ideazione paranoide.

Il coming-out rappresenta dunque una “necessità psichica” nella misura in cui permette di acquisire la libertà di essere sé stessi al di là del pensiero e del giudizio altrui.

Ciò non vuol dire che la persona non eterosessuale sarà automaticamente serena. Dovrà comunque fare i conti con l’eterosessismo e con le conseguenze concrete che questo sistema ideologico genera. Come la violenza psicologica e fisica, l’esclusione da alcuni diritti, la mancata normalizzazione di ciascun orientamento sessuale.

L’omofobia interiorizzata rappresenta il derivato psicologico dell’introiezione del sistema ideologico culturale omonegativo.

Ciascun soggetto omosessuale e bisessuale dovrà fare i conti con questo vissuto. Il superamento del quale permetterà un vero e proprio benessere psicologico e la libertà di vivere a pieno.

La vera malattia, ricordiamo, non è l’omosessualità, ma l’omofobia. E come tale l’omofobia va analizzata e risolta onde evitare che distrugga la propria vita.

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Roberta Calvi Psicologa e Sessuologa


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