Legami light | Psicologia dell’Amore

Legami light | Psicologia dell’Amore

Tanto si è scritto e tanto si è detto sull’angoscia abbandonica. Da sempre ha afflitto l’essere umano. E da sempre lo ha costituito come animale sociale, come bisognoso di relazioni, di amore, di accudimento, di attaccamento, di affiliazione.

Angoscia abbandonica come punto cardine anche delle dipendenze. Impossibilità di separarsi e impossibilità di autonomizzarsi. Ovvero impossibilità di affrontare e superare l’angoscia abbandonica.

Eppure oggi il mondo sembra sempre più abitato da un’angoscia differente, contraria e opposta. Un’angoscia dei legami, un’angoscia di appartenenza.

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Il legame o anche solo l’idea di un legame è insostenibile, soffocante, asfissiante. Un legame duraturo, quel famoso “per sempre” o lo storico “finchè morte non vi separi”, è lo spauracchio della generazione 2.0.

Un legame duraturo, come il matrimonio, è visto e pubblicizzato come un “Game Over”. E in effetti un legame segna proprio la fine del gioco, del tempo dei giochi.  Una relazione stabile segnala l’ingresso nel mondo adulto, posticipato all’infinito dalla maggior parte dei giovani.

Varcare quella soglia rappresenta un punto di svolta, un punto di non ritorno carico di conseguenze. Mondo delle responsabilità, dell’impegno, del prendere posizione, della stabilità.

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Il mondo adulto oggi appare poco, se non per nulla, affascinante. Generazione di adolescenti o meglio di adultescenti, che sono anagraficamente adulti anche se vivono come adolescenti, popolano oggi la nostra società, la plasmano e ne sono plasmati. Così la precarietà che un tempo angosciava i giovani, li preoccupava e li metteva in crisi, è oggi invece ricercata, desiderata, scelta, più o meno consapevolmente.

Il passaggio dalla precarietà dolorosa alla precarietà fascinosa ha segnato l’avvento di questa società inconsistente. O per dirla alla Bauman “liquida”.

L’essere umano ha sempre trasformato il penoso in piacevole. E’ un meccanismo di sopravvivenza. Dolorosa instabilità che l’essere umano ha sempre rifuggito costruendo e istituzionalizzando legami, stabilendo contratti, norme e consuetudini per rafforzare rapporti e ridurre il rischio dell’isolamento, della solitudine e del vuoto. Poi trasformata in piacevole ricerca della mancanza, brama di un vuoto rivestito da un’apparente libertà, assunta come apice di un piacere (negato).

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In fin dei conti tuttavia l’essere umano non è cambiato. Per quanto la cultura in cui è immerso renda scintillante e affascinante ciò che è spiacevole e penoso. Secondo la logica e la moda sempre più attuale che ciò che è macabro  è attraente. Nel tentativo illusorio e forse inconsapevole di esorcizzare ciò che spaventa e sconvolge.

E così l’angoscia abbandonica ha solo cambiato volto. Il timore del legame spezzato si è tradotto nella ricerca di un non-legame che sottende e maschera il desiderio di un abbandono impossibile.

Collezionisti di antilegami, gli abitanti del mondo contemporaneo cercano pseudo-relazioni usa e getta, che garantiscano soddisfazione immediata senza fatica e senza effetti collaterali. E sostituibili rapidamente quando cessano di essere entusiasmanti e adrenaliniche.

Le relazioni hanno assunto le caratteristiche dei prodotti di consumo. E come merci devono essere facilmente consumabili e sempre alla moda.

Il desiderio ha lasciato il posto al consumo e le relazioni si adeguano al sistema dello shopping.  Non si soddisfa più il desiderio, ma una voglia svuotata di mancanza.  Questa voglia inesauribile, insaziabile è assunta a modello e mito contemporaneo.

Roberta Calvi Psicologa e Sessuologa

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